Il sacco di Otranto

Quando la storia poteva cambiare

La battaglia di Otranto o sacco di Otranto è stata un’operazione militare che, cominciata il 28 luglio 1480, ha interessato la città per più di un anno: dopo questo avvenimento, il borgo e i suoi abitanti non saranno più gli stessi.

Sacco di Otranto

Il sacco di Otranto: i protagonisti

Otranto era all’epoca un florido porto commerciale appartenente al regno di Napoli, il cui re era Ferdinando d’Aragona, detto Ferrante. Maometto II, il sultano dell’epoca, dopo la presa di Costantinopoli (1453) si considera il successore degli imperatori bizantini; egli cerca quindi di unificare i territori dell’antico Impero d’Oriente conquistando la Grecia, l’Anatolia, l’Albania. Nei progetti d’espansione del sultano rientrano anche i territori dell’Italia meridionale un tempo appartenenti all’Impero bizantino. La Puglia, a soli 70 km di mare dalle coste albanesi, diventa quindi il nuovo obiettivo del sultano che pianifica uno sbarco. Il territorio pugliese è mal difeso per quanto ricco e fertile, anche perché il grosso dell’esercito aragonese è impegnato in una guerra con Firenze. Il re di Napoli sottovaluta poi le voci di un imminente attacco.

Maometto II
Maometto II

E’ l’alba del 28 luglio quando i pescatori otrantini avvistano una, dieci, e infine una flotta di ben 150 navi. Ne discendono migliaia di uomini, i cavalli della cavalleria pesante (Sipahi) e infine i Giannizzeri, la fanteria della guardia personale del sultano. Lo sbarco avviene su una spiaggia a nord di Otranto che ancor oggi si chiama Baia dei Turchi. A capo delle truppe Ahmet Pascià, uno dei migliori ufficiali dell’esercito ottomano, che dopo alcune razzie nei paesi circostanti comincia l’assedio.

La guarnigione e tutti gli abitanti si ritirano all’interno delle mura difese dal castello, inadeguato purtroppo a sostenere un tale assedio. A Otranto vivono poi 5000 persone ma si tratta perlopiù di pescatori, contadini, commercianti ed ecclesiastici, gente poco preparata al combattimento. Ahmet Pascia invia ben presto un messaggero ma una freccia lanciata dalle mura lo trafigge; si tratta di un’offesa gravissima per i Turchi in quanto per loro le trattative diplomatiche sono cosa sacra.

La ferocia degli assalitori

Dopo questa provocazione Ahmet, noto per la sua crudeltà, diventa crudelissimo. I turchi iniziano così a bombardare le vecchie e deboli mura con enormi cannoni; i bombardamenti proseguono per giorni e i rinforzi promessi da Napoli tardano ad arrivare. Così l’11 agosto 1480 le truppe turche cominciano a penetrare in città alzando altissime urla e massacrando quelli che incontrano sul loro cammino. I superstiti si precipitano nella cattedrale, ultimo disperato rifugio. I turchi sfondano le porte e per primo tagliano la testa dell’arcivescovo che celebra la messa sull’altare. Tutte le persone presenti sono uccise; molte donne vengono anche stuprate all’interno del tempio: muti testimoni, i personaggi del mosaico di Pantaleone.

Alla fine, dei 5000 abitanti la maggior parte è stata massacrata. Sopravvivono solo una ventina di ricchi signori che hanno potuto pagare un riscatto per sé e le proprie famiglie; sono rimasti vivi le ragazze e ragazzi più belli, che sono caricati sulle navi e spediti a Costantinopoli come schiavi. Ottocento uomini superstiti sono portati su un colle poco lontano, detto della Minerva, e massacrati a colpi di scimitarra.

Il sacco di Otranto: i martiri idruntini

La tradizione racconta che i turchi sarebbero stati disposti a graziarli in cambio d’una loro conversione all’Islam ma tutti rifiutarono. Nel 2013 la Chiesa ha riconosciuto questi uomini come martiri e li ha canonizzati; la maggior parte delle loro ossa si trova in sette armadi di legno collocati nella Cappella dei Martiri, ricavata nell’abside destro della cattedrale di Otranto. All’indomani del saccheggio, Ahmet Pascia ordina di riparare rapidamente le fortificazioni: sa che gli aragonesi proveranno prima o poi a riprendersi la città. Intanto i turchi utilizzano il porto salentino come base per scorrazzare indisturbati fino al Gargano; l’abbazia di S. Nicola di Casole, che ospitava una delle biblioteche più ricche d’Europa, viene rasa al suolo.

Alfonso d'Aragona
Alfonso d’Aragona

Ferrante intanto affida l’incarico della riconquista al figlio Alfonso che nel giro di un mese si presenta in Puglia con delle truppe ed una flotta; quest’ultima ha il compito d’impedire gli approvvigionamenti provenienti dall’Albania. La strategia fallisce e il re prova a chiedere il sostegno del Papa Sisto IV , il quale sta già meditando di trasferire il papato ad Avignone. Il Papa lancia così un appello a tutti gli stati italiani affinché mettano da parte le rivalità e facciano fronte comune. Viene chiamata in causa anche Venezia, con la sua potente flotta, che rifiuta; per oltre 15 anni ha combattuto contro i turchi e solo l’anno prima (1479) ha siglato con essi un accordo di pace. Anche Firenze (Medici) e Milano (Sforza) si defilano e intanto i napoletani sono sconfitti con gravi perdite a Minervino.

La fortuna aiuta gli audaci

I turchi potrebbero ora dilagare in tutto il sud Italia ma succede un fatto imprevisto: a Costantinopoli la situazione politica è in fermento e Ahmet Pascia abbandona Otranto; vi lascia una guarnigione di 5000 uomini, solo un terzo di quella iniziale. La sua flotta, diretta a Valona, è intercettata e distrutta dai napoletani, il che infonde in loro grande fiducia. A risolvere definitivamente la situazione è la morte prematura del sultano Maometto II, forse già da tempo gravemente ammalato o avvelenato da uno dei figli, avvenuta agli inizi del maggio 1481. L’avvenimento decise le sorti dell’assedio poiché ben presto s’aprì una guerra di successione tra i suoi due figli, creando un grave vuoto politico. A questo punto Alfonso dà fondo a tutte le sue risorse arruolando un gran numero di mercenari; gli altri stati italiani, come pure Spagna e Ungheria, cominciano finalmente ad inviare i loro aiuti.

Tintoretto
Tintoretto: battaglia tra turchi e cristiani

L’esercito ottomano, rimasto isolato, continua a resistere ma il 10 settembre 1481, dopo 13 mesi, le truppe cristiane riprendono possesso della città. Il sacco di Otranto ha così fine e i turchi fanno ritorno in patria; molte donne pugliesi tenute prigioniere durante l’assedio decidono di partire con loro: in effetti rimanere significherebbe essere marchiate a vite come concubine dei musulmani.

Guida turistica Angelo Traverso

Pubblicato da Angelo Traverso

Guida turistica in Puglia e Basilicata